Il tempo che trova di Pierluigi Lanfranchi è un libro surreale, e
pure tremendamente reale. È il tempo che trova l’uomo, la donna, i
figli, la vita, le cose, la storia, i miti che dalla loro lontananza
illuminano il presente, il futuro, il passare della vita. In questo
libro - storie raccontate in versi o in prosa poetica (potente
suggestione è l’incontro con Brodskij in un viaggio onirico), con una
lingua esatta, evocativa - entrano tutti i sogni possibili. L’oniricità
del pensiero cosparge spesso i momenti esperienziali. Il tempo passa, il
tempo si ferma, salta anche la relatività. Il poeta spazia dai miti
alla quotidianità, situazioni tutte filtrate dal sogno che può essere
incubo o elegia. La geografia, lo spazio, le città (Parigi, Vilnius,
Montreal), non sono solo dimensioni fisiche, sono anche ipotesi di
tempo. E se il tempo non è misurabile, sono l’uomo, o la donna, o le
cose, ad essere tangibili come ipotesi di vita, ma mai come certezze.
Eppure, con Properzio, “la morte non tutto finisce”. Tuttavia insiste il
niente alla fine della peregrinazione, però “con te anche niente è già
qualcosa”. E questo attiene alla speranza, che non ha nulla in comune
con il tempo indefinibile. Il filo del pensiero, che vede il nero e il
bianco, che sente il suono e il silenzio, non si spezza, e annoda gli
sprazzi di malinconia o di esultanza. Esiste quindi ancora una
possibilità di vita, ma non da soli. (Ottavio Rossani)
In copertina: Ottavio Rossani
ONDE SUBLIMINALI, acrilico su tela
cm. 37x26 - 2000
Pierluigi
Lanfranchi (1973) ha pubblicato la plaquette Canicula (Battello
Stampatore, Trieste 2007) e la raccolta Latitudini (OMP, Pavia 2008). È
l’autore di Acheronta movebo. Le storie ritrovate di Franziska e Charles
Maylan (Castelvecchi, Roma 2017). Insegna letteratura greca antica
all’università di Aix-Marseille. Vive ad Amsterdam.